Racconto di Natale “Lontano da Washington Square Park”

E anche quest’anno è giunto il momento del Racconto di Natale! Ebbene sì, la quadrilogia si conclude, preparatevi dunque a salutare tutti i protagonisti della storia che ci ha preso per mano e accompagnato al Natale negli ultimi quattro anni. Ricordate … è nato tutto dal mio sbattere contro una foto da cui sono rimasta folgorata al museo di Ellis Island, l’immagine di un sorriso magnifico, sincero e contagioso, il sorriso di un ragazzo molto bello dall’aria scanzonata. A quel ragazzo, nella mia fantasia, ho cercato di donare un futuro radioso e felice, intorno a lui ho dato vita alla mia fiaba nel più classico dello stile natalizio e che dal 1909, è arrivata fino ai giorni nostri, con nuovi personaggi sempre e comunque legati a lui, Gregory Doyle, e al suo grande amore, Lady Abby Wellington. Rannicchiatevi nel vostro posto preferito di casa o perchè no, all’aperto, sul vostro terrazzo o balcone avvolti in calde trapunte, e viaggiate verso New York e forse chissà, altri luoghi … Buona lettura e Buon Natale!

(Qui trovate i link dei 3 Racconti di Natale precedenti e propedeutici https://maisullaterra.wordpress.com/2017/12/19/la-soffitta-di-washington-square/; https://maisullaterra.wordpress.com/2018/12/20/racconto-di-natale-washington-square-north/; https://maisullaterra.wordpress.com/2019/12/17/racconto-di-natale-a-due-passi-da-washington-square-park/

P.s. Quest’anno la colonna sonora la detta il Racconto “The Christmas album” del Vienna Boys’ Choir

La felicità è qualcosa di breve, altrimenti sarebbe semplicemente vita. Gli anni di studio all’estero devono essere goduti in modo esagerato, perché è a loro che si attingerà per andare avanti, per sorridere lungo una strada vedendo ragazzi che te li faranno ricordare, o ridere da soli a crepapelle ritrovando una vecchia foto che li ha fermati. Quello di Erin, Jenna e Noah è il loro ultimo anno, e questo, sarà l’ultimo Natale che trascorreranno insieme. Rimanere a New York senza borse di studio significherebbe lavorare come schiavi almeno dieci ore al giorno per qualche grossa compagnia e soprattutto lasciare il Village, finire in chissà quale ghetto per poveri.  Noah potrebbe avere tutto, un buon impiego in qualche famosa casa editrice, uno splendido appartamento a SoHo, copertine su Magazine, milioni di followers adoranti su Instagram, potrebbe … peccato che lui non voglia niente di tutto ciò. Abby per lui è l’amore, quello che s’incontra una sola volta nella vita, ma quando Abby diventa Perla Morgan, lui inizia ad odiarla. Odia tutto quello che fa, dice, tutto ciò che comporta paparazzate, ospitate in tv, continui post e foto sui social, esibizione della propria vita. Lui non è il tipo che litiga, non ha mai perso tempo o sprecato fiato per affermare le sue idee ma per questo, per cavarsi fuori completamente dal mondo Perla Morgan, lotta come un leone. Con la sua Abby invece non ha alcun problema, peccato che lei lo sia solo dalle ventuno di sera alle sette della mattina e durante i weekend! Non si lamenta molto, nemmeno con Erin e Jenna, loro in ogni caso sanno, lo conoscono troppo bene per non capire quando è di pessimo umore anche perché in quei momenti è di un cinico esilarante e le sue battute o pensieri filosofici, diventano armi zen per esternare malessere.

«sei esattamente come Gregory, potresti avere tutto e subito, ma tu lo vuoi ottenere con le tue forze» gli dice distrattamente Erin mentre entrano alla New York Public Library per consultare alcuni testi che servono alla ragazza per la tesi

«vedi, è qui che ti sbagli Erin, io non sono un animo nobile come Gregory, né sono orgoglioso come lui, a me sta solo sul cazzo il prezzo che dovrei pagare … ovvero dover far parte del premiato circo Perla Morgan, altrimenti accetterei immediatamente posto di lavoro, casa a SoHo eccetera eccetera» risponde Noah

«lo so, lo sappiamo tutti, il ruolo di Principe consorte non è mai andato giù bene a nessun maschio, sei quasi antropologo l’avrai studiato no, ma prima o poi questo problema dovrai affrontarlo seriamente e in modo deciso, non è che potete vivere il vostro amore in clandestinità per tutta la vita, nemmeno Gregory ed Abby, per quanto siano stati discreti, ci sono riusciti, figuriamoci voi due nell’epoca dei social!»

Mentre consulta tomi su tomi Erin osserva il suo amico, e trova che diventi sempre più bello. Crescendo il suo volto si è affilato, i contorni sono divenuti decisi, quasi spigolosi. La ragazza lo guarda, anzi lo fissa, eppure lui non se ne accorge, continua a leggere il New York Times cartaceo messo a disposizione dalla biblioteca. Dopo un po’ distoglie lo sguardo, lo sposta fuori dalla finestra, su quella città dai marciapiedi fumanti, che le mancherà.

Quando Abby è in New Jersey o in giro per lavoro, Noah ritorna nella sua stanza da studente, non l’ha abbandonata, rimane il suo rifugio preferito dopo ogni litigata con Perla Morgan, il posto in cui gli riesce meglio studiare e prepararsi per gli esami. Certo avrebbe bisogno di una ripulita, almeno di un cambio delle lenzuola ma per lui ritrovare il suo odore è rassicurante, gli riassesta corpo e mente. Appena entra in stanza apre la finestra, si sporge fuori, annusa l’aria, sa di tutto tranne che di neve, quest’anno New York non intende accontentarlo. Il cellulare che squilla nella tasca dei pantaloni lo fa rientrare in fretta, è l’ora in cui Jenna smette di lavorare nello studio di avvocati dove sta facendo il suo stage e lo chiama

«sei tutto solo bell’austriaco? Cenetta noi tre … ho già sentito Erin e per lei va bene»

«dove?»

«Pearl, ci incontriamo alle otto al solito posto»

Noah adora le telefonate di Jenna, lei è asciutta e spartana come lui, nessuna smanceria, neppure i saluti iniziali o finali, entra subito in argomento e ne esce velocemente come è giusto che sia tra amici. All’appuntamento arriva per primo. Quel luogo per loro è casa, eppure, ritrovarlo, procura sempre forti emozioni. Gregory si trovava lì fuori nel punto esatto in cui ora si trova Noah, spalava la neve e intanto, dall’interno della casa, Lady Abby, la bisnonna della sua Abby, lo guardava lavorare tutto infreddolito e s’innamorava follemente. Quando arrivano, le ragazze lo trovano con le mani aggrappate al cancello in ghisa e lo sguardo assente

«e poi siamo noi le sognatrici vero?» dice Erin a voce alta

«stavo solo pensando!»

«no, tesoro, stavi fantasticando …» lo schernisce Jenna

Tre ragazzi che si tengono sotto braccio, tre ragazzi in giro per il Village, tre ragazzi uniti da un profondo senso dell’amicizia e da una storia vecchia di un secolo. Le cene da Pearl Oyster Bar sono sempre una botta di buon umore e una sorpresa. È un locale frequentato da gente del quartiere ma anche da turisti ben informati che hanno studiato e sanno dove mangiare pesce fresco di giornata arrivato direttamente dal Maine. Si siedono per miracolo nell’ultimo tavolo rimasto libero, quello più vicino alla vetrata che si affaccia su Cornelia St. e mentre sono intenti a scegliere un piatto dal menù del giorno, qualcuno bussa vigorosamente sul vetro. I ragazzi alzano tutti il viso di scatto e muti guardano chi li ha distratti. Dopo pochi secondi Noah salta sulla sedia e inizia ad imprecare in tedesco. Il biondino scompare dalla strada e in un batter d’occhio ricompare all’interno del locale, Noah allora lo abbraccia vigorosamente salutandolo poi con grandi pacche sulla spalla. I due parlano nella loro lingua ma una volta finiti i saluti in crucco, molto educatamente il ragazzo si presenta alle signorine in inglese anche se con un forte accento tedesco

«Matthias, sono un vecchio amico di questo gran … scassacazzi!»

«ahh, allora è risaputo che è così!» esclama Jenna

«confermo, lo conosco quasi da quando è nato» infierisce Matthias

«andavate a scuola insieme?» chiede Erin

«anche, ma soprattutto cantavamo in un coro»

«cosaaa!» urla Jenna

«taci Matthias, tutto quello che dirai queste due lo useranno contro di me» implora Noah

«parla» gli ordina Jenna

«cantavamo nei Vienna Boys’ Choir … non ve lo ha mai detto? Sono a New York proprio per questo»

«vuoi dirmi che sei rimasto nel giro?» gli chiede Noah

«sì, e sono diventato da poco vicedirettore … sono a New York per assicurarmi che tutto sia ok per il concerto di Natale del 21 nella St Patrick Cathedral, i ragazzi nel frattempo sono in tour, Boston, Washington, vi aspetto tutti mi raccomando, questo è il mio biglietto, vi terrò i posti migliori ma ora devo scappare …»

«ci puoi giurare che veniamo» risponde Jenna con aria sognante

Noah ritorna goliardico e manesco, colpisce ripetutamente allo stomaco il suo amico che ridendo si ripara come può. Le ragazze assistono alla scena con un sorriso ebete stampato in viso e non appena Matthias si allontana e raggiunge i suoi colleghi nella saletta accanto, quella destinata alla consumazione al banco, sommergono Noah di domande. Lui stranamente risponde volentieri, racconta di questo famoso coro di voci bianche in cui è entrato per seguire Matthias a cui era legatissimo, esperienza che gli ha permesso di viaggiare e comprendere il valore della disciplina e della sinergia tra esseri umani. Parla di forti legami e forti invidie, di talento e studio, di ricerca della perfezione ma soprattutto del modo migliore grazie al quale far parte, per qualche ora, della grande vecchia Vienna, dei suoi palazzi, parchi, del tram che percorreva la Ringstrasse e regalava tutto lo scintillio della città prima di salire su di un altro e scomparire nel buio più buio della periferia

«senza quel coro, e gente come Matthias, non so che fine avrei fatto!» afferma Noah.

Terminato il tour promozionale del suo nuovo libro “Sopravvivere a NY da studente, ma non sotto un ponte”, Abby torna finalmente in città e si gode un po’ di riposo e relax anche se questo prevede sempre continui post e stories su Instagram per tenere viva l’attenzione sul suo account. I ragazzi ci sono abituati, a volte fanno finta di niente altre, quando esagera e fotografa ogni suo movimento, tazza di tè, caffè, fetta di torta, rossetto appena acquistato, sbottano e iniziano ad insultarla. L’abitudine più radicata che hanno rimane quella di trovarsi tutti nell’appartamento di SoHo e preparare insieme la cena. Tagliare le verdure secondo Abby è terapeutico, impone calma e attenzione. Toccare la carne invece le fa impressione quindi lo lascia fare a Jenna e Noah mentre il pesce oh … quella è cosa di Erin «se hai un irlandese o uno scozzese sotto mano, fagli cucinare pesce!» diceva sempre suo nonno. Durante la cena Perla Morgan non invade mai la privacy di quell’atmosfera, c’è solo la Abby che amano Noah e le ragazze però, quando squilla il telefono di casa, non possono ignorarlo. Lei corre a rispondere e con il cordless in mano si lancia sulla sua poltrona preferita e parla con un tono decisamente entusiasta

«quando?» «oh ma è fantastico!» «ti vengo a prendere io»

I tre ragazzi seduti intorno al tavolo della cucina fingono di parlare ma in realtà con un orecchio ascoltano tutti la telefonata di Abby che dopo qualche minuto torna ed eccitata annuncia l’arrivo a New York di suo cugino Richard

«ah … il cugino brutto!» esclama Erin mentre butta giù d’un fiato l’ultimo sorso di vino dal bicchiere

«esatto» risponde Abby ridendo

«che poi ereditare la straordinaria bellezza del bisnonno e i soldi della bisnonna è proprio sfiga nera» aggiunge Jenna

«contegno ragazze, rimettete guinzaglio e museruola agli ormoni»

«e quando arriva?» chiede Erin

«fra due giorni, viene per lavoro, poi ritorna a Dublino»

«c a s a … t e l e f o n o …  c a s a» sillaba Erin sentendo parlare di Irlanda

«ma smettila che l’idea di tornare su quell’isoletta ti fa venire l’orticaria» la schernisce Noah

«adesso un po’ meno …» risponde Erin compiaciuta

L’arrivo di Richard, che lo scorso anno hanno incrociato solo per pochi istanti, rallegra veramente tanto i ragazzi. Forse il loro entusiasmo è frutto anche del clima natalizio che sta avvolgendo la città come una calda e morbida sciarpa in cachemire. Dall’interno di Starbucks e dalla sua postazione di addetto alla macchina dei caffè Noah guarda lo specchio che riflette la strada, vede il passo spedito dei newyorkesi farsi ancora più veloce per poter rispettare scadenze sul lavoro, acquistare i regali, prepararsi a partire e raggiungere i parenti, partecipare a party e cene. Il “Silent Night” versione rock sparato dalla play list natalizia selezionata dal manager del locale, che evidentemente non capisce niente di musica, lo innervosisce ma gli fa ricordare di dover chiamare Matthias. A fine turno, mentre s’incammina verso SoHo, fruga nelle tasche alla ricerca del bigliettino da visita e quando lo trova compone il numero e non appena lui risponde con quel suo tono allegro al limite dell’euforia, capisce quanto gli sia mancato in quegli anni un vero amico di sesso maschile. Senza pensarci neppure un attimo sentendo che è libero lo invita alla cena in onore di Richard che ormai sarà già arrivato e in totale confusione da jet leg. Come sua abitudine cammina con il giaccone aperto perché ama sentire freddo prima di entrare in casa, osserva la vita dentro le finestre e intanto annusa l’aria che sa di tutto tranne che di neve. L’ascensore si apre e l’immagine che gli si presenta è esattamente quella che si aspettava ovvero Erin e Jenna che con sguardo adorante hanno accerchiato Richard e lo subissano di domande

«sono qua Richard, adesso ti salvo io!» dice Noah con voce calma e pacata, poi raggiunge Abby che è al piano di lavoro della cucina la bacia e la avverte dell’arrivo a cena anche di Matthias di cui le aveva parlato la sera prima insieme alle ragazze. L’ospite dell’ultimo minuto non si fa attendere e si presenta nel migliore dei modi

 «Franciacorta Riserva … se sapevo così facevo il vicedirettore del coro anch’io invece di studiare e farmi il culo da Starbucks!» lo accoglie Noah

«c’è un ristorante italiano proprio qui sotto, la mia salvezza, altrimenti mi sarei presentato a mani vuote»

«il ristorante italiano sotto casa è stato la salvezza di tanti altri ed è spesso anche la nostra, benvenuto Matthias, io sono Abby»

La chimica fra esseri umani è cosa risaputa, capita, e capita anche spesso, ma l’alchimia perfetta è un evento raro. Gli argomenti di cui parlare che compaiono a ripetizione uno dopo l’altro sono talmente tanti che quasi non rimane il tempo per mangiare. Il coro, la vita in Austria, quella di Richard in Irlanda, non proprio la stessa che aveva Erin quando ci viveva, il lavoro, gli studi, le tesi, i progetti, i sogni, scorrono sul tavolo come le bottiglie di vino e le ore. Sembra che nessuno dei ragazzi pensi che quella serata possa avere fine e quando si spostano sul divano e sulle poltrone passando ai superalcolici, Matthias fa la domanda che tutti si aspettavano da molto tempo

«ma voi come vi siete conosciuti?»

Il racconto, fra sorrisi complici, inizia da molto lontano, da uno sbarco ad Ellis Island di un ragazzo dall’aria simpatica e scanzonata metà irlandese e metà scozzese e dal suo incontro con una splendida Lady Wellington al numero 2 di Washington Square North. Solo verso l’una di notte approda a tre ragazzi, un’ irlandese appena scesa dall’aereo, una californiana in balia di uno strano ritrovamento ed un poeta austriaco scontroso ma curioso e coraggioso, e poi vira verso il destino, o la favola, arrivando ad Abby, la splendida discendente di Lady Abby Wellington dal bel cugino Richard riproduzione perfetta di quel Gregory Doyle sbarcato ad Ellis Island nel Natale del 1909. Matthias rimane esterrefatto. A quel punto Abby si alza dalla poltrona, apre il cassetto della grande scrivania del salotto e mostra a Matthias i quaderni bordeaux della sua bisnonna e le foto che ritraggono lei e Gregory a partire dal 1909 ai primi anni ’80. Verso le tre di notte, esausti, i ragazzi si danno la buonanotte, si ringraziano l’uno con l’altro per la splendida serata e ricordano per decine di volte l’appuntamento per il concerto del 21. La mattina seguente, non proprio nelle prime ore, Noah accende il cellulare e trova un messaggio di Jenna

-ho già studiato le sue pagine Instagram e Facebook, direi che ha avuto una viennese fino ad un annetto fa poi di lei non ci sono più foto, hanno smesso anche di seguirsi, informati meglio … con discrezione mi raccomando –

-ma che ci farebbe un viennese con una californiana? – le risponde Noah

-non è un tuo problema … –

Il ragazzo scoppia a ridere da solo e senza pensarci neanche un attimo chiama il suo amico. Matthias risponde subito ma non avendo il tempo di parlare lo invita a pranzo e gli dà appuntamento davanti alla St. Patrick Cathedral. Non appena arriva, ed anche se è all’esterno, Noah riconosce il canto dei ragazzi del coro e subito gli si stringe il cuore. Viene travolto da un’ondata di ricordi ed emozioni, le più diverse, perché vanno dalla gioia di cantare insieme ai suoi amici, al terrore di doverlo fare da solista. Sprofonda negli unici istanti felici della sua infanzia, lì, in mezzo alla folla di turisti che sembrano non vederlo e non avvertire la musica celestiale che proviene dall’interno della Chiesa. Dopo nemmeno dieci minuti, Matthias, accompagnato da un sacerdote che lo ha fatto uscire, compare sul sagrato e corre verso di lui

«ehi … ho poco tempo, siamo nella merda con le prove, dove mi porti a mangiare un boccone?»

«in realtà è un brutto orario, sarà tutto pieno e poi è una zona un po’ cara per le mie tasche»

«un hot dog con crauti e senape sarebbe fantastico»

«ah beh allora voltiamo l’angolo e lo troviamo»

Noah è felice, il suo amico è rimasto quello che conosceva, quello in grado di trovare le soluzioni più congeniali in pochi secondi, cambiano i capelli, ma non lo spirito e la sensibilità

«bella stempiatura biondino!»

«ti sembrerà strano ma piace»

«me ne sono accorto …»

«ah sì … senti che mi dici della tua amica californiana?»

«che puoi chiamarla anche subito!» risponde Noah con tanta discrezione …

Intuito e poche parole, ecco i veri amici. I due ragazzi mangiano in fretta, si sporgono in avanti per non sporcarsi, esattamente come facevano da bambini con gli hot dog austriaci. Terminano le birre, si puliscono bene le mani con i tovaglioli di carta e si avviano verso la Cattedrale

«allora ci vediamo tutti domani sera?» chiede Matthias

«certo …» risponde Noah rimanendo fermo sul posto come se non volesse andarsene

«ti va di assistere alle prove? gli domanda Matthias conoscendo già la risposta

Nel momento in cui entrano in Cattedrale l’organista si sta sfogando, non avendo ancora ripreso le prove con il coro può scaldarsi le dita accennando agli ingressi più solenni i cui toni bassi fanno tremare le budella del corpo e accapponare la pelle, brani composti per scuotere le anime dei fedeli e fargli temere Dio. Matthias accompagna Noah fino alle prime file poi gli fa cenno di sedersi. Quando i ragazzini iniziano ad entrare e a sistemarsi sulla gradinata i due amici si guardano, si sorridono, ognuno di loro sa cosa sta pensando l’altro, perché la vera amicizia è come il vero amore, anche se la si è lasciata in stand-by per un po’. Conoscere le debolezze e le fragilità senza approfittarne, ecco cosa unisce veramente le persone

«dammi l’attacco del Laudate Dominum»

«ok, tu dammi quello del Frohlinche Weihnacht»

Si dicevano da ragazzini entrando e sistemandosi sulla gradinata. Il coro inizia le prove del …. e mentre cantano, nella sua testa Noah sente le voci dei vecchi amici, quelle di chi gli stava vicino. Sente Matthias alla sua destra, il suo timbro unico, sente Michael e Andrea i contralti che aveva alle spalle, sente Claus, la sua voce pazzesca che non aveva bisogno di essere né coltivata né corretta dal direttore. Il nostro passato è tutto dentro di noi, intatto. Per un attimo gli sembra addirittura di avvertire in bocca il tremendo sapore delle pastiglie al clorato di potassio contro il mal di gola che spacciava il vice direttore, il perfido Her Gruber detto “Gestapo”. La maggior parte dei ragazzini le sputava di nascosto ma lui e Matthias, avendone sperimentato l’efficacia quasi miracolosa, le succhiavano fino alla fine. Quando a prove ancora in corso esce dalla Cattedrale è già buio e l’aria è decisamente cambiata, è più fredda, pulita, sa quasi di montagna. Il cielo è terso e nonostante le luci della città, si vedono benissimo le stelle. Sul telefono ha diversi messaggi ma a catturare la sua attenzione è senza dubbio quello di Erin, così la chiama …

 «fa male eh …» le dice Noah

«un male tremendo, ma secondo te, intendo tu, da maschio»

«secondo me sì, ieri sera ti guardava in modo strano, prestava attenzione a quello che dicevi»

«attento Noah, non illudermi anche tu, è troppo bello per me, è troppo tutto»

«perché chi altro ti ha illuso?»

«la tua ragazza, nonché sua cugina»

«e allora vedi! E poi Matthias è già impegnato …»

«oh il tuo amico crucco lo lascio a»

«a Jenna …» risponde Noah in un baleno

«Jennaaaa?» urla Erin

«eh sì, sviluppi di oggi!»

«oh santa papera! Adesso la chiamo» dice Erin interrompendo bruscamente la telefonata.

A domani per la seconda ed ultima parte del Racconto di Natale e per una curiosità finale!


3 risposte a "Racconto di Natale “Lontano da Washington Square Park”"

      1. No. Quello che avevo ordinato è arrivato non corrispondeva ai dati dell’ordine. L’ho reso. Lavoro con un Raspberry, che più o meno può fare quasi tutto ma è la posta vecchia che mi manca

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